Sono state tutte arrangiate ed eseguite da Leo Miglioranza con
Valentino Favotto al pianoforte, Fender Rhodes, Hammond e suoni
di Synth, Nicola “Accio” Ghedin alla batteria, Stefano
Andreatta al basso elettrico.
Hanno suonato inoltre Stefano Maroelli
le chitarre elettriche ed acustiche, Mauro Gatto le percussioni,
Mattia Martorano il violino. Piergiorgio Caverzan il clarinetto,
Marco Napoletano l'armonica a bocca, Christian Tonello la fisarmonica
e Mirco Benedetti la batteria nella parte finale della canzone
“Toni da Rovigo”.
Sono intervenuti in qualità di voci ospiti: i cantautori
Alberto Cantone, Erica Boschiero, Massimo Francescon, Ricky Bizzarro
e il batterista Iseo Pin.
La scelta dell'uso della lingua veneta (che ha portato al sostegno
da parte della Regione Veneto) non è casuale e le ragioni
sono molteplici:
- Introduciamo l'argomento avvalendoci di un bellissimo pezzo
tratto dal romanzo”Libera nos a Malo” di Luigi Meneghello,
uno dei più importanti scrittori del '900 :
“La lingua si muove come una corrente: normalmente il suo
flusso non si avverte, perché ci siamo dentro, ma quando
torna qualche emigrato si può misurare la distanza da dove
è uscito a riva. Tornano dopo dieci anni, dopo vent’anni
dalle Australie, dalle Americhe: in famiglia hanno continuato
a parlare lo stesso dialetto che parlavano qui con noi, che parlavamo
tutti; tornano e sembrano gente di un altro paese o di un’altra
età. Eppure non è la loro lingua che si è
alterata, è la nostra. ? come se anche le parole tornassero
in patria, si riconoscono con uno strano sentimento, spesso dopo
un po’ di esitazione: di qualcuna perfino ci si vergogna
un poco.”1)
Luigi Meneghello
1) L. Meneghello, Libera nos a Malo, BUR
Biblioteca Univ. Rizzoli - collana “I grandi romanzi”,
2006 .
Infatti, nonostante molte iniziative
pro conservazione con testi, che ne regolarizzino l'uso, la lingua
(ogni lingua), tende inevitabilmente a cambiare, a contaminarsi,
a “modernizzarsi”.
Si tende a un linguaggio sempre più massificato, standard.
Da qui il primo impulso a fermare, a fotografare il veneto, lingua
parlata nelle sue varie accezioni da circa due milioni di persone,
com'è oggi.
Non dunque su di una base musicale antica (nell'immaginario collettivo
è solitamente collocata nell'ambito del canto popolare)
ma su degli arrangiamenti attuali, cercando suoni e soluzioni
artistiche nuove così da poter raggiungere anche un pubblico
più giovane.
- L'intenzione di coinvolgere e di far sentire la voce di un gruppo
di autori del trevigiano che fra loro collaborano e che da anni
cercano di far sentire le proprie canzoni con grande fatica poichè
da una parte ci sono i grandi circuiti che sono occupati dalla
musica cosiddetta di commercio, costruita e confezionata per il
consumo immediato da parte di un pubblico il più vasto
possibile (da quì si capisce di quale sostanza possa consistere),
dall'altra i locali che possono permettersi solo chi fa cover
per garantirsi l'affluenza numerosa dei fans dei nomi già
famosi e così gli spazi che a loro rimangono sono davvero
pochi, nonostante molti riconoscimenti, premi prestigiosi ed esibizioni
su importanti palcoscenici.
- poi perchè certe espressioni, certi termini, certi accenti
nei modi di dire hanno una musicalità tutta loro, quasi
impossibili da tradurre su carta o da mettere in bocca a qualche
attore di teatro o di cinema che non ne faccia un uso quotidiano...
- infine e non ultimo per il
tema principale che fa da filo conduttore a tutto l'album.
Il comun denominatore dei 14 testi infatti è il rapporto
tra l’essere umano (sia inteso come individuo che come collettività)
e gli elementi naturali in determinati contesti sociali ovvero
in luoghi, usanze, tradizioni, mestieri...che sono radicalmente
ed inesorabilmente mutati nel tempo.
I brani sono ambientati nel mondo della provincia veneta in un
periodo che va dall 'inizio del '900 ai giorni nostri, e che ha
visto, soprattutto nella seconda metà (dagli anni '60 in
poi), una società di stampo contadino diventare sempre
più industriale e meccanizzata.
Gli elementi naturali fuoco, terra, acqua e aria, sono presenti
in tutte le canzoni coi i loro ruoli e le funzioni che sono andate
perdendosi: il fuoco come elemento di aggregazione (il focolare
domestico o il “panevin”); la terra, come “casa”
del mondo contadino, le stalle, i cortili, l’osteria, la
chiesa, la piazza del paese, il mercato...; l’acqua, oltre
ad essere fonte inesauribile di vita, come generatrice di energia
(mulini); e infine l’aria vista come l’elemento più
spirituale, laddove nulla permane ma tutto vola e viaggia, dai
racconti alle usanze.
Diversi brani raccontano di mestieri ormai scomparsi e di cui
vale la pena parlare proprio perché anch'essi indissolubilmente
legati agli elementi della natura ma ancor di più perchè
per molto tempo hanno caratterizzato chi li praticava, ne valorizzava
il carattere e le attitudini.
Non comunque un operazione di nostalgia o di retorica tradizionalista
anche perchè non potrebbe essere sentita dall'autore che
non ha vissuto in un passato tanto remoto ma bensì degli
spunti per
riflettere, discutere e magari venirne a capo su molti punti lasciati
indietro negli ultimi anni.
Anni che hanno trasformato in fretta le cose ma non altrettanto
ci sono riusciti con la gente.
L'essere umano è al centro di quest'opera, i suoi sentimenti,
le paure, la sua spiritualità, il suo bisogno di appartenenza,
di identità, Il suo bisogno di non perdersi fra le modernità
che dividono o nascondono. Il bisogno di vedere il passato per
capire il presente, e poter guardare senza timore al futuro. Andiamo
gente...anzi: 'Ndemo xente!.
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